Costruire un’auto da corsa vincente in pista e perfettamente a suo agio anche sulle strade di tutti i giorni. Questo l’input che gli uomini di Maranello ricevettero da Enzo Ferrari per affrontare la stagione agonistica 1962 nel neonato Campionato Mondiale GT. Nasce così la Ferrari 250 GTO, un’autentica icona per tutti gli appassionati.
A cinquant’anni dalla sua nascita la Ferrari 250 GTO conserva intatto il suo mito. Nessuna tra le GT di Maranello è così tanto ammirata e desiderata. E’ anche estremamente rara: è stata costruita in soli 39 esemplari, con carrozzerie tutte diverse fra loro, abilmente assemblate da sapienti battilastra. Non a caso oggi vanta quotazioni da capogiro: nel 2010, un esemplare battuto all’asta ha raggiunto la cifra record di 20 milioni di Euro. Per scoprire la ragione del suo successo bisogna dunque ripercorrere sua storia, così affascinante e costellata di vittorie sui circuiti di tutto il mondo.
Alla fine della stagione ‘61 la Commissione Sportiva Internazionale aveva varato un nuovo regolamento che, di fatto, bandiva le vetture prototipo dalle gare di durata in favore delle granturismo di serie, costruite in almeno 100 esemplari. L’idea era quella limitare le prestazioni delle vetture, costringendo i costruttori a rinunciare a scendere in pista con prototipi troppo esasperati o estremi. Sfruttando le pieghe del regolamento, e partendo da una granturismo di razza come la 250 SWB, Enzo Ferrari, riuscì a far autorizzare dalla Federazione un’evoluzione di quella vettura.
Ai tanti gentleman-driver che attendevano ansiosi di poter scendere in pista, la casa di Maranello inviò semplicemente un laconico telegramma: Vettura 250 GTO – STOP, dove O stava appunto per omologata. Era nato un mito.
Al suo staff, diretto da Giotto Bizzarrini, il Drake affidò così l’incarico di sviluppare una vettura stradale che fosse al contempo un’auto da corsa senza compromessi, un purosangue che all’occorrenza poteva essere guidato in smoking.
Concepita attorno al monumentale 12 cilindri a V di 60° da 3 litri e 300 CV, alimentato a dovere da 6 carburatori a doppio corpo che oggi farebbero la gioia dei benzinai, la GTO pesa appena 900 Kg, grazie alla sua carrozzeria in fogli di alluminio battuti a mano dal maestro Sergio Scaglietti. Il suo profilo è stato concepito sulla base di importanti nozioni acquisite in campo aerodinamico: numerose aperture lungo la carrozzeria le conferivano un look estremamente aggressivo, a cominciare dalle tre prese d’aria semiovali sul cofano o le ferritoie sulla fiancata che ricordano le branchie di uno squalo. La coda tronca vantava un primordiale spoiler, una soluzione davvero inedita fra le vetture di serie.
Nata per vincere, la GTO sbaragliò gli avversari fin dalla gara di esordio, alla 12 ore di Sebring del 1962, ripetendosi poi alla Targa Florio, al Tourist Trophy, a Silverstone, a Le Mans, a Monza, a Spa, al Nurburgring, a Daytona e al Tour de France, per un triennio di successi senza precedenti.
Dunque, obiettivo centrato: la 250 GTO dominerà la scena iridata fino al 1964, anno in cui dovette cedere la mano ad una nuova versione riveduta e corretta nelle linee da Sergio Pininfarina: la concorrenza si stava facendo sempre più serrata, tanto che lì a poco da Maranello sarebbe partita la svolta epocale: la prima granturismo a motore posteriore.
Non è la Ferrari più rara, la più vincente o la più veloce. Semplicemente è stata la Ferrari più Ferrari di tutte. Cavallino di razza, per antonomasia.