Il racconto epico che celebra ciò che gli appassionati romanticamente definiscono “The Golden Age of Motorsport” – l’epoca d’oro delle corse (il periodo a cavallo tra gli anni ‘60 e i ‘70) – si arricchisce di un nuovo importante capitolo: una monografia dedicata a Ignazio Giunti.
Al pilota Giunti, il “diamante grezzo” cresciuto in quella straordinaria fucina di talenti che fu l’Autodelta (la squadra corse dell’Alfa Romeo)……e all’uomo, il rampollo della Roma Bene, autentico gentleman, maturo e riservato, nonostante un passato fin troppo irrequieto.
Un libro scritto da Vittorio Tusini, nipote del compianto pilota romano, che arriva a colmare una lacuna e che offre agli appassionati, a quasi 50 anni dalla sua tragica scomparsa, lo spunto per incontri, dibattiti, celebrazioni. Tanti amici non hanno voluto mancare l’occasione per ricordarlo.
Catapultato suo malgrado al centro della scena perché bello, ricco, talentuoso; lanciatissimo verso un promettente futuro, Ignazio incarnava una sorta di profilo ideale per tanti giovani appassionati.
Le classiche sfide fra amici prima di iniziare a fare sul serio: Vallelunga diventa presto il suo salotto di casa, il trampolino di lancio verso il professionismo con l’Alfa Corse. L’arrivo in Ferrari da grande speranza azzurra; una stagione, il 1970, vissuta da protagonista (con la vittoria alla 12 ore di Sebring e il secondo posto alla 1000 Km di Monza) e il debutto in Formula 1 con un superlativo quarto posto al Gran Premio di Spa. Tante attese e tante speranze che si infrangono all’improvviso: la parabola del campione bruscamente interrotta da un incidente assurdo e inaccettabile persino per l’epoca, quando morire in corsa non era certo un evento raro.
Resta il ricordo di un campione e di un uomo amatissimo da chi ha avuto la fortuna di incontrarlo, e l’eco delle polemiche di una tragica fine, in quella drammatica 1000 Km di Buenos Aires 1971, che forse ha contribuito a indirizzare con maggiore convinzione l’automobilismo verso più elevati livelli di sicurezza.
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